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Influencer e fiducia: cosa ne pensa il pubblico italiano (e cosa deve sapere il non profit)

Nel 2025 parlare di Digital PR significa confrontarsi con un panorama profondamente mutato. La figura dell’influencer, che per anni ha rappresentato un canale privilegiato per costruire notorietà e fiducia, oggi è al centro di una riflessione critica. Cresce la distanza del pubblico, si affinano le metriche, si moltiplicano le piattaforme e, soprattutto, si rafforza l’esigenza di trasparenza e coerenza. Per chi lavora nella comunicazione e raccolta fondi del Terzo Settore, conoscere queste dinamiche non è solo utile, ma necessario per costruire strategie credibili e sostenibili.

UN RAPPORTO IN TRASFORMAZIONE: FIDUCIA E REPUTAZIONE DEGLI INFLUENCER

Il nuovo 34° Rapporto sulla Comunicazione del CENSIS – “I media e la costruzione dell’immaginario” (marzo 2025) offre uno spaccato dettagliato su come gli italiani percepiscano oggi gli influencer e, più in generale, il mondo della comunicazione digitale. I risultati mostrano una crisi di fiducia strutturale: ben il 71,2% degli italiani afferma di non seguire attivamente alcun influencer, ovvero di non aver mai cliccato “segui” su profili social riconducibili a creator, testimonial o opinion leader digitali.

Questo atteggiamento critico non riguarda solo le generazioni adulte: anche tra i giovani tra i 14 e i 29 anni, il 51,4% dichiara di non seguire influencer. In questa fascia d’età, considerata finora il terreno privilegiato del marketing di influenza, si registra un segnale inequivocabile di distacco consapevole. Il fenomeno non riguarda solo la passività (non seguire), ma si estende anche alla svalutazione attiva dell’influencer come figura di riferimento credibile.

“Il 71,2% degli italiani non segue attivamente alcun influencer. Anche tra i giovani (14-29 anni), oltre la metà (51,4%) si dichiara estranea a questo mondo.”
34° Rapporto sulla Comunicazione del CENSIS, 2025

L’elemento di maggiore discontinuità rispetto agli anni precedenti è l’effetto diretto degli scandali recenti, in particolare il caso noto come Pandoro Gate, che ha investito una delle influencer più seguite in Italia. Il report evidenzia che il 34,4% dei giovani ha cambiato atteggiamento verso i macro-influencer in seguito a quell’episodio. Il dato cresce al 40,3% tra chi ha un titolo di studio elevato, segno che maggiore è il livello di istruzione, maggiore è l’esigenza di trasparenza e coerenza nella comunicazione.

La disillusione coinvolge anche il linguaggio e i formati: il 62,3% degli italiani ritiene che i contenuti veicolati dagli influencer siano “tutti uguali” e caratterizzati da un eccesso di autoreferenzialità. Il 54% del campione generale (e il 59,5% dei giovani) afferma che i social sono diventati un luogo in cui si ostenta una felicità irreale, alimentando insoddisfazione e distacco emotivo.

Ciò che emerge, quindi, non è un semplice calo di interesse, ma una profonda revisione culturale del ruolo degli influencer nella vita quotidiana. Se nel decennio precedente la narrazione era dominata dalla spontaneità come leva di credibilità, oggi il pubblico sembra chiedere onestà, utilità e responsabilità sociale. Per chi opera nella comunicazione sociale, questi segnali rappresentano un terreno fertile per ridefinire il senso e il valore delle collaborazioni digitali.

NONOSTANTE TUTTO, I SOCIAL RESTANO CENTRALI: FASCE D’ETÀ E ABITUDINI

Eppure, la progressiva distanza dagli influencer non equivale a un disinnamoramento dai social. Al contrario, le piattaforme digitali restano la fonte informativa primaria, soprattutto per i più giovani.

“Il 70,3% dei giovani tra i 14 e i 29 anni rifiuta i media tradizionali e sceglie i social come fonte principale di informazione e costruzione dell’immaginario.”
34° Rapporto sulla Comunicazione del CENSIS, 2025

Un dato che ci invita a non confondere sfiducia con disinteresse: i social sono ancora il luogo dove si formano opinioni, si condividono valori e – potenzialmente – si attivano le scelte di solidarietà.

COSA FUNZIONA DAVVERO? ENGAGEMENT E TREND PER PIATTAFORMA

La lettura dei dati non può prescindere da un’analisi delle piattaforme. Il monitoraggio dell’ONIM (Osservatorio Nazionale Influencer Marketing) mostra che nel giugno 2024:

  • i post sponsorizzati su Instagram sono diminuiti del 16%, con un calo delle interazioni del 17,61%;
  • su TikTok, invece, i contenuti sponsorizzati sono calati solo del 5,25%, ma le interazioni sono aumentate del 22,58%, superando i 7,6 milioni.

Questo significa che TikTok sta guadagnando terreno come piattaforma a più alto tasso di engagement, mentre Instagram mostra segnali di stanchezza nel formato branded. YouTube mantiene una stabilità “long-form”, mentre Facebook resta rilevante soprattutto per le generazioni più adulte.

L’INFLUENCER PUÒ SERVIRE UNA CAUSA? IL NON PROFIT TRA NARRAZIONE E ATTIVAZIONE

A fronte di questa complessità, emerge una domanda chiave per chi opera nel sociale: vale la pena coinvolgere gli influencer nelle campagne non profit? Le evidenze a disposizione suggeriscono di sì, a condizione che le collaborazioni siano ben costruite e coerenti con i valori dell’organizzazione.

Il report Donare 3.0 – Fondazione Rete del Dono sottolineava come i creator digitali potessero agire da ambasciatori credibili, capaci di attivare comunità attraverso contenuti emozionali e personali. Iniziative come le challenge solidali su TikTok o le dirette su Twitch hanno generato raccolte fondi significative, soprattutto tra le generazioni Z e Alpha.

Anche Forbes ha incluso il marketing di influencer tra i trend non profit del 2024, evidenziando come il valore generato non sia solo economico ma anche reputazionale, a patto che si costruiscano collaborazioni autentiche, trasparenti e valoriali.

UN CONTESTO CHE CAMBIA: REGOLE, TRASPARENZA E SEGNALI PER IL TERZO SETTORE

Il contesto italiano si è fatto più attento e normato. Dopo le polemiche del 2023, nel 2024 è entrata in vigore la cosiddetta “Legge Ferragni”, che impone maggiore trasparenza nelle collaborazioni con influencer che superano 1 milione di follower.

Questa normativa rappresenta un chiaro segnale per il Terzo Settore: il pubblico chiede chiarezza, coerenza e autenticità. I creator non possono più essere scelti solo per il numero dei follower, ma per la reale affinità con la causa, la capacità di coinvolgere la propria community in modo credibile, e la disponibilità a esporsi con responsabilità.

In sintesi: che direzione prendere?

Per chi si occupa di comunicazione sociale, gli influencer restano uno strumento potente, ma richiedono strategia e consapevolezza. Ecco alcune leve su cui puntare:

  • Scegliere i profili giusti, privilegiando micro e nano-influencer con tassi di engagement reali e community attive.
  • Affiancare contenuti informativi e testimonianze, evitando messaggi pubblicitari espliciti.
  • Dichiarare con trasparenza le collaborazioni, in linea con le normative.
  • Costruire relazioni a lungo termine, non solo operazioni one shot.

In un ecosistema in cui l’autenticità vale più della portata e la trasparenza più della viralità, la credibilità è il nuovo ROI. Il Terzo Settore, con le sue storie vere e il suo capitale etico, è nella posizione ideale per guidare questa transizione.

FONTI

a cura di Tyar Ciangola – Press Officer e Celebrities Specialist

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